Un gasdotto gigantesco, lungo 2.600 chilometri che attraverso la Mongolia porterà 50 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia alla Cina ogni anno. E’ in rampa di lancio il progetto Power of Siberia 2, la nuova infrastruttura energetica sull’asse Mosca – Pechino. 

Anche se il nuovo gasdotto non entrerà in funzione prima del 2030, per l’Europa lo scenario è più preoccupante che mai. A differenza del Power of Siberia 1 (operativo dal 2019 e in grado di garantire alla Cina 39 miliardi di metri cubi all’anno una volta raggiunta la piena capacità entro il 2025), il nuovo gasdotto si rifornirà agli stessi giacimenti nella penisola siberiana di Yamal che Mosca usa per rifornire il mercato europeo. 

Una partnership strategica per Mosca e Pechino

La situazione geopolitica che vede la Russia duramente contrapposta all’Occidente, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, ha spinto Mosca a intensificare la partnership energetica con la Cina. Se Putin ha infatti bisogno di diversificare le sue esportazioni di energia, a Xi Jinping servono più importazioni per il colossale motore industriale cinese. Non solo: le ragioni sono anche diplomatiche. Una gran quantità di combustibili fossili importati dall’estero da Pechino viaggia attraverso lo Stretto di Malacca. Con le navi americane a pattugliare, il Mar cinese meridionale è fonte di continue tensioni. A Xi servono quindi nuove alternative.

Il terzo attore in questo scenario è la Mongolia che, con Power of Siberia 2, guadagnerà dalle tasse sui diritti di transito e potrà posizionarsi come nuovo micro attore regionale nel mercato del gas. 

“Meno gas all’Ue nel 2022”

L’accordo con la Cina consente alla Russia di innalzare nuovamente il livello delle minacce ai paesi europei. Secondo il vicepremier russo Novak, citato dall’agenzia di stampa Ria Novosti, “le esportazioni di gas naturale russo verso gli stati dell’Unione europea diminuiranno di 50 miliardi di metri cubi nel 2022”.