La Germania dice addio al carbone e si prepara a una nuova rivoluzione industriale. Entro il 2038, infatti, Berlino abbandonerà per sempre l’approvvigionamento fondato su carbone e lignite. La decisione è contenuta in un accordo tra governo federale e Länder. A oggi, la Germania ottiene dalle fonti fossili il 38% dell’energia elettrica, mentre già il 46% proviene da fonti rinnovabili. Il resto è generato dalle centrali nucleari che, però, nel 2022 verranno chiuse e dismesse. 

Una scelta importante quella tedesca, che sta facendo discutere, ma che si inserisce inevitabilmente nell’attualità: il riscaldamento globale, i cambiamenti climatici, un sistema di sviluppo poco sostenibile stanno minando alle fondamenta il futuro del nostro Pianeta. Quali saranno però le conseguenze della scelta tedesca? In particolare sul fronte economico?

La chiusura delle centrali a carbone, che inizierà progressivamente, con il primo impianto già dismesso entro l’estate, porterà a pesanti ripercussioni sull’occupazione, in particolare nelle regioni interessate. Il quotidiano economico Handelsblatt rivela che “i dipendenti nelle centrali a carbone e lignite sono circa 25.000, ma se si calcola anche l’indotto ed il settore estrattivo superiamo i 100mila posti di lavoro”. L’addio al carbone, quindi, deve essere necessariamente affiancato da un robusto piano di investimenti per risarcire i Länder sui quali insistono gli impianti. Tra questi, il più colpito sarà il Nord Reno Westfalia, una delle regioni più popolose d’Europa, nel quale si trovano almeno 15 centrali funzionanti. 

La scelta politica e strategica della Germania dimostra senz’altro la volontà lungimirante di guardare a nuovi modelli di sviluppo industriale, più sostenibili, non inquinanti e green. Già da tempo questa nazione è leader in Europa per questo tipo di politiche e per le azioni di promozione delle energie rinnovabili. Tuttavia, proprio perché la Germania rappresenta un modello, è importante riflettere anche sulla necessità di integrare le strategie relative alle politiche sull’energia con nuovi investimenti, in grado di mantenere i livelli occupazionali e ridurre al minimo il rischio di crisi sociali e di sistema”. 

Antonio Carmine Vitale
(Amministratore unico Enega srl)