L’Africa nuova frontiera per l’estrazione del gas e l’export verso l’Europa? Lo scenario, in continua evoluzione a seguito dell’attacco russo all’Ucraina, sembra essere in costante mutamento conferendo nuovo protagonismo a molti Paesi del continente. Ma i rischi e le criticità non mancano. Molti i nuovi giacimenti in pre-produzione che si trovano in paesi nei quali i combustibili fossili tradizionalmente non sono mai stati pienamente sfruttati. Tuttavia, la tendenza a favore dei combustibili più inquinanti andrebbe contro l’agenda economica globale che invece punta sulle energie green e a basso impatto ambientale 

Gas dall’Africa, potenzialità e criticità

Il Global Oil and Gas Extraction Tracker (GOGET) di Global Energy Monitor (GEM) include 421 progetti di estrazione, di cui 79 giacimenti nella fase di pre-produzione. L’84% delle nuove riserve in pre-produzione si trova in paesi che rappresentano una novità per il mercato del gas africano: Mozambico, Senegal, Tanzania, Mauritania, Sudafrica, Etiopia e Marocco. A questi vanno aggiunti Nigeria, Egitto, Libia e Algeria. Realtà storicamente già ampiamente strutturate nella gestione di riserve e produzione di gas. Dal punto di vista delle quantità, nel complesso le nuove riserve ammontano a 5.137,5 miliardi di metri cubi, con emissioni potenziali pari a circa 11,9 miliardi di tonnellate di CO2. Volumi di produzione importanti ma che rischiano di avere un impatto pesante su ecosistemi e comunità locali. 

Gas e infrastrutture per l’export 

Entro il 2030, qualora arrivassero tutte le autorizzazione ai nuovi progetti di estrazione del gas, la produzione africana aumenterebbe di un terzo, insieme con la necessità di investire almeno 329 miliardi di dollari da destinare sia all’estrazione del gas che alle infrastrutture di esportazione.

Gran parte della nuova produzione dei paesi africani sarà destinata all’export e quindi non potrà contribuire a elevare i bassi tassi di elettrificazione del continente. Una criticità considerevole se si considera anche il rischio che le nuove infrastrutture, soprattutto se realizzate in aree scarsamente sviluppate, potrebbero compromettere delicati equilibri ambientali mettendo a rischio anche i processi di transizione energetica del continente. 

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