I dati Eurostat dicono che la Francia produce attualmente il 48% dell’energia nucleare in Europa. Ci sono centrali nella metà dei paesi UE, cioè in 14 stati membri su 28, ma la Francia continua ad avere un ruolo molto importante in questo settore.
La Germania si attesta al 10% della produzione europea, seguita dalla Gran Bretagna con 8,5% della produzione complessiva, dalla Svezia con il 7,5% e dalla Spagna col 7%. Nel loro insieme questi 5 paesi arrivano a circa l’80% della produzione complessiva di energia nucleare.
Se utilizziamo una prospettiva storica di breve periodo, scopriamo che dal 1990 al 2004 la quantità di energia elettrica prodotta in Europa da centrali nucleari è aumentata del 27%. A partire dal 2004 e fino al 2016, il contributo di energia derivante da questi impianti è diminuito del 17%.
L’energia nucleare è stata negli ultimi decenni una prospettiva di sviluppo importante in Europa. Nel 1957 fu creata la CEEA (Comunità Europea dell’Energia Atomica), proprio per dare impulso a quella che era considerata una direzione strategia, per avere energia elettrica abbondante e a prezzi accettabili. Questo trattato serviva proprio a dare un impulso deciso verso quella direzione.
Il risultato di questa politica energetica è l’insieme delle 127 centrali attualmente presenti in Europa, di cui 58 in Francia. Oltre la metà di questi impianti si avvicina però alla fine della loro vita e l’Europa è ormai indirizzata verso fonti di energia rinnovabili. Al di là di come gli esperti e l’opinione pubblica si siano espressi su questo settore strategico, andiamo verso ulteriori e progressive diminuzioni di investimenti in campo nucleare.
Nel dettaglio, i programmi di sviluppo europei fissano come obiettivo per l’anno 2020 il raggiungimento di una quota del 20% di energia proveniente da fonti rinnovabili e nel 2016 abbiamo raggiunto il 17%.
Una questione a parte è invece la ricerca e la tecnologia per produrre energia attraverso la fusione nucleare. Questo sistema, che vuole riprodurre i processi attraverso cui le stelle emettono energia, è considerato molto meno rischioso della fissione nucleare, perché non produce le scorie che restano pericolose nel lungo periodo e che invece caratterizzano il sistema più noto e finora utilizzato.
In quest’ultimo ambito sono aperte molte strade e l’Italia è in prima linea con progetti internazionali di ricerca e sperimentazione.
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