Non si fermano gli sforzi dell’Unione europea per raggiungere la neutralità climatica: da qualche giorno è partita la sperimentazione della carbon border tax. Il Carbon Border Adjustment Mechanism – o CBAM – è stato adottato lo scorso anno con l’obiettivo di garantire ai beni fabbricati in Europa e soggetti al sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE, che fissa un prezzo sul carbonio emesso, una misura per resistere alla concorrenza dei prodotti fabbricati nei paesi in cui l’inquinamento non ha lo stesso prezzo.

A partire dal 1° ottobre, i partner commerciali dell’Ue dovranno comunicare le emissioni di gas serra legate alle loro esportazioni di ferro, acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, idrogeno ed elettricità.

Inizialmente, l’obbligo è solo quello di segnalare le emissioni – anche se le aziende che non lo faranno rischiano di subire multe – mentre i pagamenti effettivi entreranno in vigore nel 2026.

“Un meccanismo che favorisce la transizione green in Ue”

“Il meccanismo CBAM incoraggerà l’industria mondiale ad abbracciare tecnologie più verdi”, ha affermato in una nota il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni. “Eviterà inoltre la cosiddetta rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, ovvero la delocalizzazione della produzione al di fuori dei nostri confini verso paesi con standard ambientali inferiori”. Se da un lato le nuove politiche Ue vanno nella direzione di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro la fine del decennio e raggiungere la neutralità climatica, entro il 2050, la carbon border tax ha causato però alcune tensioni con i partner commerciali dei paesi europei. 

Secondo un rapporto del think tank Carnegie Europe pubblicato dal sito Politico.eu, l’impatto sarà probabilmente più grave sui maggiori partner commerciali dell’Ue: Cina, Regno Unito, Turchia, Ucraina, India, Corea del Sud e Stati Uniti. Per non parlare della Russia, con le note tensioni post invasione dell’Ucraina. Brasile, Sud Africa e India hanno già pubblicamente accusato la misura Ue definendola “discriminatoria”. La Cina ha addirittura invitato l’Organizzazione mondiale del commercio a valutare la misura.

Le imprese ucraine, invece, saranno esentate a causa della guerra. Un funzionario della Commissione europea ha confermato che la legislazione contiene “una disposizione per affrontare situazioni eccezionali e non provocate con conseguenze distruttive sulle infrastrutture economiche e industriali di un determinato paese”.

Il punto di vista del sistema industriale sulla carbon tax

Anche i produttori e le associazioni di categoria europei temono il rischio di perdere quote di mercato, nel caso in cui paesi come Cina e India dovessero reagire. Altri temono che la tassa potrebbe essere troppo facile da aggirare per le imprese extra-Ue nel caso in cui le sanzioni e il monitoraggio si rivelassero troppo deboli. La European Steel Association evidenzia in una nota ufficiale che “l’inizio del periodo transitorio del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) il 1° ottobre 2023 rappresenta una pietra miliare importante nell’attuazione del Green Deal dell’UE. La fase iniziale della CBAM, con monitoraggio e rendicontazione semplificati, sarà cruciale per valutare quanto sia efficace il suo funzionamento nel prevenire la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio nei settori industriali europei, come l’acciaio, verso altri paesi che continuano a investire in tecnologie ad alta intensità di CO2”. 

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